... alla scoperta della mia vita !

Ognuno di noi è unico. Veniamo da storie diverse, da percorsi educativi e formativi diversi , ma tutti partiamo dallo stesso punto: la nostra nascita. Qualcuno ha avuto più fortuna, qualcuno ne ha avuta meno. Io mi ritengo fortunato, molto fortunato! Posso esprimere i miei pensieri e il mio essere uomo liberamente. Scoprire, sperimentare, applicare, fare, rifare, confrontare, in una parola: "crescere", diventare più grande, per naturale e progressivo sviluppo. Qui trovate dove sono arrivato ad oggi.

sabato 9 giugno 2012

Vecchie e nuove storie di emigranti


La storia si ripete, è una ruota che gira e ad ogni giro il raggio del cerchio punta nuovamente a terra verticalmente.
Ieri Luigi mi ha chiesto di accompagnarlo in "lictestains" come dice lui,con la "s" finale perchè è un nome straniero e con la "s" sembra suoni meglio. Luigi è un bergamasco dell'alta valle seriana, un uomo pratico, sincero, di cuore e tutto di un pezzo come le montagne che ama. Quindi da Clusone si va in "Svisera" attraverso i passi montani, "perchè in autostrada devi stare attento ai cartelli, in montagna invece la strada è una sola, e intanto guardo il panorama!".

Quindi via, Valcamonica, passo di Aprica, Tirano, passo Bernina, passo Julian il tutto fra laghetti, montagne spettacolari, un camoscio in mezzo alla strada e una marmotta che irta sulle zampe posteriori ci guarda passare incuriosita. Poche auto. Passo regolare, quello che serve per i sentieri che si arrampicano sui monti.
Ormai le frontiere sono sparite, Svizzera e Lichtenstein, ma è impossibile non avvertirle: un ambiente diverso, ordinato, pulito, un senso di rispetto che ti condiziona.
Da montanari non possiamo che apprezzare e capire perchè è lo stesso rispetto che da sempre portiamo per la montagna che prende e da secondo natura.
Ad attenderci c'è "ol Batista" che, originario di Cerete, è qui ormai da 50 anni. Il saluto è in bergamasco, perché è questa la lingua che si è portato dall'Italia. Battista venne qui a metá degli anni 50: muratore, una delle tante professionalitá esportate dall'Italia da sempre.
Nei suoi occhi vedi brillare i sentimenti mai sopiti per il paese natale. Incontrarci per lui è come ringiovanire di 30 anni. Brama notizie sulla valle e allo stesso tempo è orgoglioso di mostrarci la sua casa, il posto: "quella casa l'ho costruita io, l'ospedale l'ho costruito io, e così via, orgoglioso di quello che ha fatto e di come i suoi ex titolari ancora oggi gli vogliono bene.
L'incontro di lavoro va a gonfie vele. È fantastico vedere Luigi spiegare il progetto in Bergamasco e gesti a una persona di lingua tedesca. Per fortuna Battista interviene da pratico traduttore. Si ride uno alla volta, perché le battute vanno tradotte. Tutto fila liscio e la stretta di mano sancisce la chiusura dell'incontro. "L'è facia!" (è fatta!)' Luigi è soddisfatto. Sono le quattro del pomeriggio, sono giá passate 10 ore dalla sveglia, ci aspettano altre 5 ore di viaggio ma i sentimenti chiamano: "Ci sono i miei nipoti che lavorano qui, non posso non passare a salutarli!". Eh si Luigi, sarebbe molto grave.
Chicco e Alan sono i migranti di oggi: si sale la domenica sera e si torna a casa il venerdì sera.
Ci accolgono nel piccolo bilocale che condividono con altri 2 colleghi. Valgoglio, Ardesio, Parre: una piccola valle trapiantata in terra straniera. I locali sono ricavati sopra un magazzino, poveri ma con tutto quel che serve. Al centro il tavolo che li raccoglie la sera con altri amici bergamaschi che alloggiano a pochi passi, anche loro qui a lavorare.
Un gruppo di Uomini. Le famiglie a casa. Oggi è meno dura, telefonini e internet accorciano le distanze, ma sei sempre straniero in terra straniera.
Il tempo di un caffè, qualche battuta, un abbraccio che stringe anche i cuori e poi via, si parte!
Torniamo in Italia o meglio "a casa".
Una giornata da emigrante, perchė il lavoro anche oggi come allora lo devi cercare lontano da casa.
Così fecero i nostri bisnonni, i nostri nonni, ed ora tocca a noi. Pochi fortunati sono rimasti a lavorare a casa.
È stato bello e malinconico allo stesso tempo. Ho rivisto i giorni e i volti dei miei parenti emigranti e i loro sacrifici. Gente che tornava al paese e aveva storie da raccontare, quasi dei semi Dei.
Tante immagini di persone che oggi non ci sono più ma che tanto ci hanno insegnato e per sempre resteranno nei nostri cuori.
Ormai sono le 11 di sera, stiamo scendendo dalla Vallecamonica.
"Sét i stöf?"
"No Luigi, l'è stat propria bèl, grassie!"

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